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Federico nel cuore è l’associazione voluta da Antonella Penati in memoria di suo figlio Federico, ucciso a soli 8 anni e mezzo dal padre in ambito protetto, nel Comune di San Donato Milanese.
Federico Barakat è stato ucciso da un uomo più volte segnalato come disturbato e aggressivo. «Mohammed era sempre più violento e ossessivo. Aveva atteggiamenti molesti verso di me e verso suo figlio. Segnalavo i suoi comportamenti ai servizi sociali» racconta Antonella Penati, ma i suoi appelli affinché le visite “vigilate” fossero sospese rimasero inascoltati da parte delle istituzioni, che la definirono esagerata, "ipertutelante", mossa dal desiderio di ledere la figura paterna.
Il giorno in cui Federico è stato assassinato, durante quell'incontro che avrebbe dovuto essere "protetto", non c'era nessuno a proteggerlo.
Il 25 febbraio 2009 sono soli, Federico e il suo assassino, che si è recato all’incontro nel centro socio sanitario di via Sergnano a San Donato armato di pistola: Mohammed Barakat prima gli spara, poi lo accoltella ripetutamente (sono 37 le coltellate), e non c’è nessuno ad accorrere, nessuno a soccorrerlo. Sul suo corpo rimangono i segni che ha lottato, che si è difeso, tutto da solo.
Dopo tre gradi di giudizio le persone che avevano la responsabilità di vigilare su Federico sono state tutte assolte dall’accusa di essere “venute meno all’obbligo di garanzia nei confronti del bambino“: Il 27 gennaio la Corte di Cassazione ha stabilito che non c’è nessun colpevole per la morte di Federico Barakat ed ha assolto Elisabetta Termini, dirigente del servizio sociale, Nadia Chiappa, assistente sociale, e Stefano Panzeri, educatore.
La Cassazione non si è limitata a sollevare i tre indagati da ogni responsabilità, ma ha anche condannato la madre di Federico a pagare le spese processuali.
Spiega Antonella Penati: “Queste persone sono responsabili della morte di mio figlio. La loro condanna non me lo avrebbe restituito, ma l’assoluzione fa sì che possano fare ancora del male. Sono a piede libero e lavorano ancora con dei bambini”.
La Cassazione ha stabilito, nella sentenza che in quell'incontro "protetto" i responsabili “non avevano l'obbligo di protezione fisica del bambino”.
La sentenza non solo non rende giustizia a Federico, ma stabilisce che lo Stato potrà continuare a togliere i bambini dall’affidamento di genitori tutelanti ed esporli a rischi senza doverne rispondere in alcun modo.
Per questo motivo Antonella Penati ha fatto ricorso alla Corte dei diritti umani di Strasburgo, e la Corte Europea dei diritti umani ha dichiarato procedibile il ricorso contro la sentenza.
Ma Antonella ha bisogno dell'aiuto di tutti voi.
Contribuire alle spese significa battersi non solo per Antonella e Federico, ma per la sicurezza di tutti bambini oggi affidati ai servizi sociali.
IN ITALIA I BAMBINI VENGONO UCCISI IN AMBITO PROTETTO: non possiamo accettare che nel nostro paese un luogo di tutela e protezione di un minore sia lo stesso dove un padre – più volte segnalato come violento – possa uccidere un figlio, indisturbato. Chi non protegge deve essere punito. Perché nessuno può fare parte di una società che non si prende cura dei propri figli.